DANTE ALIGHIERI
G4 - La prima donna dello schermo
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[Vita nuova, cap. V] 1. Uno giorno avvenne che questa gentilissima1 sedea in parte ove s’udiano parole de la regina de la gloria2, ed io era in luogo dal quale vedea la mia beatitudine3; e nel mezzo di lei e di me per la retta linea4 sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse5. 2. Onde molti s’accorsero de lo suo mirare6; e in tanto vi fue posto mente, che, partendomi da questo luogo, mi sentio dicere appresso di me7: «Vedi come cotale donna distrugge la persona di costui»; e nominandola, io intesi che dicea di colei che mezzo era stata ne la linea retta che movea da la gentilissima Beatrice e terminava ne li occhi miei8. 3. Allora mi confortai molto, assicurandomi che lo mio secreto non era comunicato lo giorno altrui per mia vista9. 4. E mantenente pensai di fare di questa gentile donna schermo de la veritade10; e tanto ne mostrai in poco tempo, che lo mio secreto fue creduto sapere da le più persone che di me ragionavano11. 5. Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi12; e per più fare credente altrui13, feci per lei certe cosette per rima14, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facesse a trattare di quella gentilissima Beatrice15; e però le lascerò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò che pare che sia loda di lei16.

1 questa gentilissima: Beatrice, che come al solito non è nominata ma indicata per antonomasia con il superlativo dell’aggettivo che la designa.

2 in parte… gloria: in un luogo (parte) in cui si udivano preghiere (parole) rivolte alla Madonna (regina de la gloria). La perifrasi designa una chiesa, senza però aggiungere alcun particolare concreto che porti a identificarla. La devozione mariana di Beatrice è richiamata anche nel capitolo XXVIII della Vita nuova [G14].

3 vedea la mia beatitudine: vedevo Beatrice, causa della mia beatitudine. È una metonimia.

4 e nel mezzo… retta linea: a metà strada tra me e Beatrice, in linea retta. La linea retta è simbolo di perfezione.

5 maravigliandosi… terminasse: meravigliandosi del mio insistente guardare (sguardare, dal provenzale esgardar, indica un’osservazione continua, in cui non si distoglie mai l’attenzione), che sembrava rivolto verso di lei (che parea che sopra lei terminasse). Questa donna ritiene dunque erroneamente che Dante stia guardando lei, e non Beatrice che si trova più in là.

6 Onde… mirare: Perciò (onde) molti si accorsero del fatto che lei mi guardava (de lo suo mirare).

7 e in tanto…di me: e tanto si fece attenzione a questo fatto (vi fue posto mente, impersonale) che, allontanandomi (partendomi) da questo luogo, sentivo dire (dicere, latinismo) dietro di me.

8 e nominandola… occhi miei: e poiché <la persona che diceva questo> la nominava (nominandola, gerundio con soggetto diverso da quello della reggente) io mi accorsi che parlava (dicea) di colei che si era trovata a metà (che mezzo era stata) della linea che partiva dalla gentilissima Beatrice e arrivava ai miei occhi. In molti sono dunque caduti nell’equivoco, identificando la causa del turbamento amoroso di Dante in quest’anonima donna e non in Beatrice.

9 Allora… vista: Allora io mi rallegrai (confortai) molto, rassicurandomi che la mia passione segreta (lo mio secreto) non era stata comunicata quel giorno (lo giorno) ad altri (altrui) per mezzo dei miei sguardi (per mia vista). Dante, che aveva temuto di tradire il suo segreto con uno sguardo indiscreto, è rassicurato dall’equivoco in cui sono caduti i presenti.

10 E mantenente… veritade: E subito (mantenente) pensai di fare di questa gentile donna un riparo (schermo) alla verità. L’amante, per proteggere la reputazione di Beatrice, decide di occultare la verità approfittando sistematicamente dell’equivoco e simulando amore per questa donna.

11 e tanto… ragionavano: e tanto diedi a vedere <del mio amore simulato> (ne mostrai), in breve tempo, che la maggior parte delle persone (le più persone) che parlavano (ragionavano) di me credettero di conoscere il mio segreto (lo mio secreto fue creduto sapere: costruzione passiva che ha come soggetto «lo mio secreto» e come complemento d’agente «le più persone»). Non si tratta di un amore ostentato, ma di una raffinata simulazione; il poeta-amante finge di voler tenere segreta la sua presunta passione, ma lascia trapelare ad arte indizi che convincano gli altri di avere carpito questo segreto. Diversa sarà la situazione con la seconda donna dello schermo [G5].

12 Con questa donna… mesi: Per mezzo di questa donna nascosi i miei sentimenti (mi celai) per diversi (alquanti) anni e mesi.

13 e per più fare credente altrui: e per spingere gli altri a crederci ancora di più.

14 feci… per rima: scrissi per lei alcune poesie in volgare di poca importanza (cosette per rima). Con «rima» si indicano esclusivamente versi in volgare (il latino infatti non usava quest’artificio metrico).

15 le quali… Beatrice: che non è mia intenzione trascrivere qui, se non in quanto fosse utile per trattare (facesse a tratttare) di quella gentilissima Beatrice.

16 e però… loda di lei: e perciò (però) le tralascerò (lascerò) tutte, a parte il fatto che (salvo che) trascriverò qualche poesia (alcuna cosa) che manifestamente risulta (pare: il verbo non indica semplice apparenza, ma evidente manifestazione di una realtà) che sia lode (loda) di lei (cioè di Beatrice). Dante omette dunque di riportare queste composizioni giovanili dedicate alla “donna dello schermo”, con l’eccezione di quelle da cui traspare evidentemente che l’oggetto della sua lode era in realtà Beatrice.


G4 - Analisi del testo
Nel precedente capitolo IV, non antologizzato, Dante racconta come l’amore lo abbia sconvolto e prostrato fisicamente e come il suo stato abbia destato la curiosità di molte persone, desiderose di conoscere il nome della donna che lo ha così profondamente turbato. Ci troviamo di fronte a una situazione contemplata dalla casistica dell’amor cortese teorizzata dal De amore di Andrea Cappellano: obbligo dell’amante, in questo caso, è tacere il nome della donna per non correre il rischio che i “malparlieri” possano comprometterne la reputazione. Tra i mezzi indicati dal De amore per proteggere la donna c’è anche quello di simulare l’amore per un’altra donna. È appunto la situazione di questo capitolo della Vita nuova.
Dante, che per un momento ha temuto di esser venuto meno al dovere della discrezione, decide di approfittare dell’equivoco nel quale è caduta un’anonima donna (la “donna dello schermo”), trovatasi casualmente in chiesa a incrociare gli sguardi che il poeta aveva rivolto a Beatrice, e convintasi erroneamente di essere lei l’oggetto del suo interesse.
L’insistenza con cui, nella narrazione di quest’episodio, Dante si sofferma sulla rigorosa geometria degli sguardi [1, 2] è una conferma del carattere letterario di questo capitolo, pur così lontano dalla rarefatta atmosfera che segnava le apparizioni di Beatrice. Quello dello sguardo, degli occhi attraverso i quali l’immagine della donna raggiunge il “cuor gentile”, è infatti un altro dei temi topici della poesia stilnovistica.
L’episodio della prima donna dello schermo potrebbe sembrare solo un motivo narrativo che rallenta lo svolgersi dell’azione principale della Vita nuova. In realtà si tratta, come osserva De Robertis, di un«espediente retrospettivo» che consente di «far passare i vecchi amori e le rime scritte per altre donne […] come rientranti nell’amore e nella poesia per Beatrice». Dante infatti, pur trascurando di trascrivere parte della sua produzione poetica, intende inserire nel «libello» i testi che possano essere riferiti a Beatrice. Non c’è da attendersi da Dante un particolare scrupolo filologico. Il narratore, cui interessa comunicare il significato universale della vicenda vissuta, si sente infatti pienamente autorizzato a compiere forzature interpretative (ne abbiamo già visto un esempio [G3b]) che la mentalità dell’epoca riteneva perfettamente normali.