DANTE ALIGHIERI
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G3b - A ciascun’alma presa e gentil core | |
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A ciascun’alma presa e gentil core
nel cui cospetto ven lo dir presente, in ciò che mi rescrivan suo parvente, salute in lor segnor, cioè Amore1. Già eran quasi che atterzate l’ore del tempo che onne stella n’è lucente, quando m’apparve Amor subitamente, cui essenza membrar mi dà orrore2. Allegro mi sembrava Amor tenendo meo core in mano, e ne le braccia avea madonna involta in un drappo dormendo3. Poi la svegliava, e d’esto core ardendo lei paventosa umilmente pascea: appresso gir lo ne vedea piangendo4. 1. Questo sonetto si divide in due parti; che ne la prima parte saluto e domando risponsione, ne la seconda significo a che si dee rispondere5. La seconda parte comincia quivi: Già eran. 2. A questo sonetto fue risposto da molti e di diverse sentenzie6; tra li quali fue risponditore quelli cui io chiamo primo de li miei amici7, e disse8 allora uno sonetto, lo quale comincia: Vedeste, al mio parere, onne valore. E questo fue quasi lo principio de l’amistà tra lui e me9, quando elli seppe che io era quelli che li avea ciò mandato. Lo verace giudicio del detto sogno non fue veduto allora per alcuno, ma ora è manifestissimo a li più semplici10. |
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1 A ciascun’alma… Amore: A ciascuna anima innamorata (presa) e cuore gentile, nella cui presenza (cospetto) viene il presente scritto (dir), affinché (in ciò che) mi scrivano in risposta (rescrivan) la loro (suo, usato comunemente nella lingua antica anche per il plurale) interpretazione (parvente, provenzalismo), <porgo> il mio saluto (salute è complemento oggetto di un verbo sottinteso, conforme all’uso latino) in nome del loro signore, cioè Amore. Il riferimento al «gentil core» e alla signoria di Amore individua i destinatari della lirica nella cerchia dei poeti stilnovisti, cui Dante andava accostandosi negli anni giovanili. 2 Già eran quasi… orrore: Era già passato quasi un terzo delle ore (quasi che atterzate l’ore) del tempo in cui tutte le stelle splendono (perifrasi per indicare la notte), quando improvvisamente (subitamente) mi apparve Amore, di cui mi procura orrore ricordare (membrar) il modo di essere (essenza). Le ore della notte sono dodici: quando ne è passato un terzo ci troviamo alla quarta ora (corrispondente alle dieci di sera). Come si è visto, nella prosa [G3a] Dante spiega questo dato secondo il simbolismo del numero nove. 3 Allegro… dormendo: Amore mi sembrava allegro mentre teneva (tenendo) in mano il mio cuore, e tra le braccia aveva la mia signora (madonna, dal latino mea domina) avvolta in un drappo mentre dormiva (dormendo). È da notare come l’uso del gerundio sia nella lingua letteraria del Duecento assai più libero che nell’italiano attuale; non c’è infatti l’obbligo di riferire il verbo al gerundio allo stesso soggetto della proposizione che lo regge. Nella parafrasi occorrerà rendere questi gerundi con il participio presente («dormendo» può essere parafrasato con dormiente) o, come abbiamo fatto noi, con una subordinata esplicita. 4 Poi… piangendo: Poi la svegliava e, con tenera sollecitudine (così Segre-Ossola parafrasano l’avverbio umilmente) nutriva (pascea) di questo (esto) cuore che ardeva (anche il gerundio ardendo va interpretato come un participio presente, ardente) la donna (lei) timorosa (paventosa): poi lo vedevo andarsene in lacrime (piangendo, riferito ad Amore, sta per piangente). 5 ne la prima…rispondere: nella prima parte saluto e domando risposta (risponsione), nella seconda spiego (significo) a quale domanda (a che) si deve rispondere. Le poesie della Vita nuova sono ordinariamente seguite dalla “divisione”, una sorta di analisi tematica del testo, a volte corredata da altre informazioni. 6 di diverse sentenzie: di diverse opinioni. 7 tra li quali… amici: tra i quali rispose (fue risponditore, perifrasi comune nella lingua letteraria del Duecento) quello che (quelli cui) chiamo il primo dei miei amici (si tratta di Guido Cavalcanti). Tra i poeti che risposero al sonetto si ricordano anche Cino da Pistoia e Dante da Maiano. 9 E questo… e me: E questo sonetto fu (fue, forma con epitesi) per così dire (quasi, latinismo) il principio dell’amicizia (amistà) tra lui e me. 10 Lo verace… li più semplici: La vera interpretazione (verace giudicio) del suddetto sogno non fu allora compresa da (la preposizione per introduce il complemento d’agente sul modello del francese par) nessuno, ma ora è del tutto evidente (manifestissimo) anche ai più ignoranti (semplici). Nella prospettiva del narratore consapevole, alla luce degli eventi successivi, il significato del sogno appare evidente: nel momento in cui il narratore scrive il pianto di Amore può essere collegato alla morte di Beatrice, cosa che non era stato possibile fare quando il poeta-amante aveva avuto la visione e scritto il sonetto. |
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G3b - Analisi del testo | |
Livello metrico Sonetto con rime incrociate nelle quartine e ripetute nelle terzine, secondo lo schema ABBA, ABBA, CDC, CDC. Livello lessicale, sintattico e stilistico
Al centro del sonetto c’è dunque la vicenda del cuore mangiato dalla donna su invito di Amore. Come si è già visto [G3a], mangiare il cuore di qualcuno implica, nell’immaginario medievale, l’impossessarsi della sua anima (e certamente la donna amata si impossessa di quella dell’amante); il fatto che la donna appaia titubante fa forse riferimento alla sua riluttanza ad accogliere l’amore del poeta. |
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