A7
Agostino di Ippona
Impadroniamoci della cultura classica
De doctrina christiana II, 40

1. Se quelli che si chiamano filosofi1, soprattutto i platonici, hanno detto per caso qualcosa di vero e conforme alla nostra fede2, queste cose non sono da respingere; le dobbiamo anzi rivendicare a noi, togliendole a loro che le possiedono ingiustamente.
2. Infatti in Egitto3 non c’erano solo oneri gravosi e idoli da adorare, che il popolo di Israele doveva detestare e fuggire, ma anche vasi, ornamenti d’oro e d’argento e vesti che quel popolo, uscendo dall’Egitto, rivendicò a sé di nascosto per farne un uso migliore. Non lo fece per suo arbitrio, ma per ordine di Dio; e gli egiziani, che ne facevano un cattivo uso, glieli diedero in prestito senza saperlo; allo stesso modo4 tutte le dottrine dei Gentili non contengono solo false e superstiziose finzioni, e gravi pesi che costringono a un inutile lavoro; cose che ognuno di noi, uscendo con la guida di Cristo dalla società dei Gentili, deve aborrire ed evitare; ma esse contengono anche le arti liberali, discipline più atte alla verità e alcuni precetti utilissimi di morale; presso di loro si trovano anche alcune verità sul culto dell’unico Dio.




1 Quelli… filosofi: si riferisce ai filosofi dell’antichità classica, vissuti prima di Cristo.

2 conforme alla nostra fede: per Agostino i filosofi antichi hanno a volte toccato temi simili a quelli del cristianesimo, perché di portata universale (come l’immortalità dell’anima, l’ordine provvidenziale del mondo, alcune dottrine monoteistiche) e possono essere recuperati alla luce della Rivelazione.

3 in Egitto: si riferisce al racconto biblico sulla schiavitù degli Ebrei in Egitto contenuto nell’Esodo.

4 allo stesso modo: l’episodio della Bibbia prima narrato, oltre ad essere ritenuto storicamente vero, acquista un significato esemplare, morale che viene qui spiegato.



Agostino mira a ritrovare nella cultura classica quelle tematiche di portata universale che possono apparire valide anche in una visione cristiana. La sapienza antica non è affatto da respingere quando non sia in contrasto con la fede; anzi essa deve essere rivendicata con forza, perché i cristiani ne sono i veri proprietari: solo la verità della fede può infatti illuminare pienamente le conoscenze accumulate dai filosofi precristiani.
Grande rilevanza assume il richiamo al racconto dell’Esodo. Per i medievali il racconto biblico era letteralmente vero, ma conteneva in sé ulteriori significati e prefigurava la storia futura, disegnando in forma allegorica vicende che si sarebbero verificate dopo la venuta di Cristo o dopo il Giudizio Universale. Si tratta della formulazione della dottrina del «sacro furto», secondo la quale era obbligatorio per i cristiani appropriarsi di tutto ciò che di positivo i pagani avessero prodotto, come precedentemente gli ebrei avevano fatto con gli egiziani.
Nel passo di Agostino, il racconto dell’Esodo assume proprio questo valore. Gli «oneri gravosi» inflitti agli ebrei prefigurano le «false e superstiziose finzioni e gravi pesi che costringono a un inutile lavoro» che si ritrovano nei libri della sapienza pagana; invece «vasi, ornamenti d’oro e d’argento e vesti», che gli Ebrei portano con sé per ordine di Dio, «per farne un uso migliore», prefigurano quelle «arti liberali», quelle discipline «atte alla verità» e quei «precetti utilissimi di morale» che i cristiani, seguendo l’esempio degli Ebrei, devono rivendicare a sé.




print

print