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Qui trova Africo Mensola sua e priegala; ella fugge e non risponde; lanciali un dardo, e poi si nasconde1. [96] Posto avea fine al suo ragionamento il vecchio Girafone lagrimando2; Africo ad ascoltarlo molto attento istava, bene ogni cosa notando; e come che alquanto di pavento avesse per quel dir, pur fermo stando nella sua oppinione, al padre disse3: - Deh, non temer cotesto a me venisse4! [97] Da or innanzi, i’ le lascerò andare, sed egli avien ch’i’ le truovi più mai5; andianci dunque, padre, omai a posare6, ch’i’ sono stanco, sì m’affaticai oggi per questi monti, per tornare di dì a casa, che mai non finai ch’i’ son qui giunto con molta fatica, sì ch’io ti priego che tu più non dica7. – [98] Giti8 a dormir, non fu sì tosto il giorno ch’Africo si levava prestamente e negli usati poggi9 fe’ ritorno, dove sempre tenea ’l cor e la mente; sempre mirandosi avanti e dintorno, se Mensola vedea poneva mente10; e com piacque ad Amor, giunse ad un varco dov’ella gli era presso ad un trar d’arco11. [99] Ella lo vide prima ch’egli lei, per ch’a fuggir del campo ella prendea12; Africo la sentì gridar – Omei13 – e poi, guardando, fuggir la vedea, e ’nfra sé disse: «Per certo costei è Mensola» e poi dietro le correa, e sì la priega e per nome la chiama, dicendo: - Aspetta que’ che tanto t’ama14. [100] Deh, o bella fanciulla, non fuggire colui che t’ama sopra ogni altra cosa; io son colui che per te gran martìre sento, dì e notte, sanz’aver mai posa15; io non ti seguo per farti morire, né per far cosa che ti sia gravosa: ma sol Amor mi ti fa seguitare16, non nimistà17, né mal ch’i’ voglia fare. [101] Io non ti seguo come falcon face la volante pernice cattivella18, né ancor come fa lupo rapace la misera e dolente19 pecorella, ma sì come colei che più mi piace sopra ogni cosa, e sia quanto vuol bella; tu se’ la mia speranza e ’l mio disio, e se tu avessi mal, sì l’are’20 io. [102] Se tu m’aspetti, Mensola mia bella i’ t’imprometto e giuro21 sopra i dèi, ch’io ti terrò per mia sposa novella, ed amerotti sì come colei che se’ tutto ’l mio bene, e come quella c’hai in balia22 tutti i sensi miei; tu se’ colei che sol mi guidi e reggi, tu sola la mia vita signoreggi. [103] Dunque, perché vuo’ tu, o dispietata, esser della mia morte la cagione? Perch’esser vuoi di tanto amor ingrata verso di me, sanz’averne ragione? Vuo’tu ch’i’ mora per averti amata, e ch’io n’abbia di ciò tal guiderdone23? S’i’ non t’amassi, dunque, che faresti? So ben che peggio far non mi potresti. [104] Se tu pur fuggi, tu se’ più crudele che non è l’orsa quand’ha gli orsacchini24, e se’ più amara che non è il fiele, e dura più che sassi marmorini25; se tu m’aspetti, più dolce che ’l mèle26 sei, o che l’uva ond’esce27 i dolci vini, e più che ’l sol se’ bella ed avvenente, morbida e bianca, ed umile e piacente28. [105] Ma i’ veggio ben che ’l pregar non mi vale, né parola ch’io dica non ascolti, e di me servo tuo poco ti cale, e mai indietro gli occhi non hai volti29; ma com’egli esce dell’arco lo strale30, così ten vai per questi boschi folti, e non ti curi di pruni o di sassi, che graffian le tue gambe, o di gran massi. [106] Or poi che di fuggir se’ pur31 disposta colui che t’ama, secondo ch’i’ veggio, sanza a’ mie’ prieghi far altra risposta, e par che per pregar tu facci peggio, i’ priego Giove che ’l monte e la costa ispiani tutta, e questa grazia cheggio, e pianura diventi umile e piana, ch’al correr non ti sia cotanto strana32. [107] E priego voi, iddii, che dimorate per questi boschi e nelle valli ombrose, che, se cortesi foste mai, or siate33 verso le gambe candide e vezzose di quella ninfa, e che voi convertiate alberi e pruni e pietre ed altre cose, che noia fanno a’ piè morbidi e belli, in erba minutella e ’n praticelli. [108] Ed io, per me, omai mi rimarroe34 di più seguirti, e va’ ove ti piace, e nella mia malora mi staroe con molte pene, sanz’aver mai pace; e sanza dubbio al fin ch’ i’ ne morroe35, ch’ i’ sento ’l cor che già tutto si sface per te, che ’l tieni in sì ardente foco, e mancali la vita a poco a poco36. - [109] La ninfa correa sì velocemente che parea che volasse, e’ panni alzati s’avea dinnanzi per più prestamente poter fuggir, e aveasegli attaccati alla cintura, sì ch’apertamente, di sopra a’ calzerin ch’avea calzati, mostra le gambe e ’l ginocchio vezzoso, ch’ognun ne diverria desideroso37. [110] E nella destra mano aveva un dardo, il qual, quand’ella fu un pezzo fuggita, si volse indietro con rigido sguardo, e diventata per paura ardita, quello lanciò col buon braccio gagliardo38, per ad Africo dar mortal ferita; e ben l’arebbe morto39, se non fosse ch ’n una quercia innanzi a lui percosse. [111] Quand’ella il dardo per l’aria vedea zufolando40 volar, e poi nel viso guardò del suo amante, il qual parea veracemente fatto in paradiso, di quel lanciar forte se ne pentea, e tocca di pietà lo mirò fiso41, e gridò forte: - Omè, giovane, guarti42, ch’i’ non potrei omai di questo atarti43! – [112] Il ferro era quadrato e affusolato e la forza fu grande, onde si caccia entro la quercia, e tutt’oltre è passato, come se dato avesse in una ghiaccia44; ell’era grossa sì ch’aggavignato45 un uomo non l’arebbe con le braccia; ella s’aperse, e l’aste oltre passoe, e più che mezza per forza v’entroe46. [113] Mensola allor fu lieta di quel tratto47, che non aveva il giovane ferito, perché già Amor l’avea del cor tratto ogni crudel pensiero, e fatto ’nvito48; non però ch’ella aspettarlo a niun patto più lo volesse, o pigliasse partito d’esser con lui, ma lieta sarìa stata di non esser da lui più seguitata49. [114] E poi da capo a fuggir cominciava velocissimamente, poi che vide che ’l giovinetto pur la seguitava con ratti passi e con prieghi e con gride; per ch’ella innanzi a lui si dileguava, e grotte e balzi passando ricide50, e ’n sul gran colle del monte pervenne, dove sicura ancor non vi si tenne51. [115] Ma di là passa molto tostamente, dove la piaggia d’alberi era spessa, e sì di fronde folta, che niente vi si scorgeva dentro52: per che messa si fu la ninfa là tacitamente, e come fosse uccel, così rimessa nel folto bosco fu, tra verdi fronde di bei querciuol, che lei cuopre e nasconde53. 1 Qui… nasconde: In questo episodio (Qui) Africo trova la sua Mensola e la prega; ella fugge e non risponde <alla preghiera>; <Mensola> gli lancia un dardo, e poi si nasconde. È questa la didascalia che sintetizza il tema dell’episodio. Ne è protagonista il pastore Africo, innamorato della ninfa Mensola. Nei versi che precedono, il padre di Africo ha cercato di dissuaderlo, ricordandogli come Diana punisca le ninfe che rompono il giuramento di castità e, insieme ad esse, i loro innamorati. 2 Posto… lagrimando: Il vecchio Girafone piangendo aveva posto fine al suo racconto. Girafone, padre di Africo, per indurre il figlio a tenersi lontano da Mensola ha appena raccontato la storia di suo padre, Mugnone, che si era innamorato della ninfa Cialla. I due furono puniti da Diana che li uccise trafiggendoli con la stessa freccia. Dal loro sangue nacquero un fiume e una fonte. 3 e come… disse: e sebbene (come che) avesse un po’ di paura (alquanto di pavento) per quel racconto (dir), pur rimanendo fermo nella sua opinione, disse al padre. 4 Deh… venisse: «Orsù, non temere che questo accada a me». Africo tenta di rassicurare il padre anche se, in cuor suo, non intende certo rinunciare all’amore. 5 Da… mai: D’ora in poi io le lascerò andare, nel caso accadesse (sed egli avien) che io le trovassi un’altra volta (più mai). 6 andianci… posare: andiamoci (andianci) dunque, o padre, a coricare. 7 per tornare… dica: per tornare di giorno (dì) a casa, giammai smisi (finai) <di camminare> finchè (ch’) io sono giunto qui con molta fatica, per cui (sì ch’) io ti prego di non dire più <nulla>. 9 usati poggi: colline dove era solito andare. 10 se Mensola… mente: osservava con attenzione (poneva mente) se vedeva Mensola. 11 e com… d’arco: e come piacque ad Amore, giunse in un luogo di passaggio (varco) <tra la vegetazione>, dove ella gli era vicino (gli era presso) alla distanza che può essere percorsa da una freccia (un trar d’arco). 12 Ella… prendea: Ella lo vide prima che egli <vedesse> lei, per cui ella cominciava (prendea) a fuggire dal prato. 14 Aspetta… ama: «Aspetta colui che ti ama tanto». 15 io… posa: io sono colui che a causa tua (per te) provo una grande sofferenza, di giorno e di notte, senza aver mai quiete. 16 mi ti fa seguitare: mi induce a seguirti. 17 nimistà: inimicizia. L’episodio qui narrato richiama quello di Apollo e Dafne cantato da Ovidio (Metamorfosi, I, vv. 504-507): «Nympha, precor, Penei, mane! Non insequor hostis; / Nynpha, mane […] Amor mihi est causa sequendi» [«Ninfa figlia di Peneo, ti prego, fermati! Non ti inseguo per inimicizia; / Ninfa, fermati […] Amore è per me motivo di inseguirti]». 18 Io non… cattivella: Io non ti inseguo come il falcone fa <con> la misera (cattivella, latinismo da captivus) pernice che vola (volante). Gli aggettivi che designano gli animali sono tipici della tradizione dei cantari popolari in quanto facilitano la memorizzazione dei versi. Inizia qui una serie di comparazioni che sarà ripresa nelle ottave 104 e 105 e, in seguito, nell’ottava 115. 19 misera e dolente: dittologia sinonimica. 21 t’imprometto e giuro: dittologia sinonimica. 22 hai in balia: hai in tuo potere. 23 Vuo’… guiderdone: Vuoi tu che io muoia per averti amata, e che io abbia (n’abbia: la particella «n’» è pleonastica) tale ricompensa (guiderdone) di ciò (ossia del mio amore)? 24 Se… orsacchini: Se dunque tu fuggi, tu sei più crudele di quanto non lo sia (che non è) l’orsa quando ha gli orsacchiotti (orsacchini è forma toscana dialettale). L’orsa, per difendere i suoi piccoli, può infatti agire in modo assai violento. 27 ond’esce: da cui si traggono. 28 bella… piacente: accumulazione aggettivale. 29 Ma… volti: Ma io capisco bene che le mie preghiere (’l pregar) non mi servono, né tu ascolti le parole che io dico, e di me, che <sono> tuo servo, ti importa (cale) poco, e mai hai voltato indietro il <tuo> sguardo. 30 ma… strale: ma come la freccia (lo strale) esce dall’arco (egli è soggetto pleonastico). 32 sanza… strana: senza dare altra risposta alle mie preghiere, e sembra che, per le mie preghiere (per pregar), tu diventi ancor più crudele (facci peggio), io prego Giove che rada al suolo (ispiani) tutta la montagna ed il pendio (costa), e chiedo questa grazia, che (e: la congiunzione sembra introdurre una coordinata, ma il rapporto logico è di subordinazione) la pianura diventi bassa e liscia, <in modo> che non ti sia così ostile (strana) al correre. Dato che Mensola si ostina a fuggire, Africo prega Giove di spianarle la strada. 33 or siate: adesso siate <cortesi>. 35 e sanza dubbio al fin ch’ i’ ne morroe: e non c’è dubbio che alla fine io ne morrò. 36 ch’i’… poco: perché io sento che il cuore già tutto si disfa (si sface) a causa tua, che lo tieni in un fuoco così ardente, e la vita a poco a poco gli manca (mancali). 37 La ninfa… desideroso: La ninfa correva così velocemente che sembrava che volasse, e per poter fuggire più prestamente aveva (s’avea) alzato la gonna (i panni) sul davanti e l’aveva attaccata alla cintura, così che sopra i calzari (calzerini) che indossava (ch’avea calzati), palesemente (apertamente) mostra le gambe ed il grazioso ginocchio, <in modo> che chiunque ne diventerebbe desideroso. 38 E nella… gagliardo: E nella mano destra aveva una lancia (dardo) e (il qual è pronome relativo, ma rimane sintatticamente sospeso fino al v. 117, dove è ripreso dal pronome dimostrativo «quello»), dopo che ella fu fuggita per un po’(un pezzo), si volse indietro con uno sguardo severo (rigido) e, divenuta coraggiosa per la paura, lo lanciò con buon braccio vigoroso. 39 l’arebbe morto: lo avrebbe ucciso. 41 di quel… fiso: si pentì di quel lancio così potente (quel lanciar forte), e colpita (tocca) dalla pietà lo guardò fissamente (fiso). 42 guarti: guardati, stai attento. 43 di questo atarti: salvarti da questo <pericolo>. Dopo aver lanciato il dardo Mensola, colpita dalla bellezza di Africo, si pente del suo gesto. 44 Il ferro… ghiaccia: Il dardo (ferro, metonimia) era quadrato ed affusolato e la forza <del lancio> fu grande, per cui <il dardo> si conficca dentro la quercia, e l’ha oltrepassata interamente, come se avesse colpito (dato… in) un blocco di ghiaccio (una ghiaccia). 46 ella… entroe: la quercia (ella) si aprì ed il dardo la oltrepassò e, a forza, vi penetrò per più di metà <della sua lunghezza>. 47 tratto: lancio; il sostantivo è in rima equivoca con il successivo participio «tratto». 48 perché…’nvito: perché Amore già le aveva tolto (tratto) dal cuore ogni pensiero crudele, e l’aveva attirata (fatto ’nvito). 49 non però… seguitata: tuttavia non in modo che essa volesse più aspettarlo per nessuna ragione (a niun patto), o <che> prendesse la decisione (partito) di fermarsi insieme a lui (esser con lui), ma <al contrario> sarebbe stata felice di non essere più seguita. 52 Ma… dentro: Ma di là passa molto velocemente (tostamente) <in un luogo> dove il pendio (la piaggia) era molto fitto (spessa) di alberi, e così folto di rami che nulla si scorgeva dentro. 53 per che… nasconde: per cui la ninfa si mise là silenziosamente, e come se fosse un uccello, rimase appartata (rimessa… fu) nel folto bosco, tra le verdi fronde di belle querce, che la ricoprono e nascondono. Livello metrico |
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