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Intorn’ad una fonte, in un pratello di verdi erbette pieno e di bei fiori, sedean tre angiolette, i loro amori forse narrando1, ed a ciascuna ’l bello viso adombrava un verde ramicello 5 E dopo alquanto l’una alle dua disse fuggiremo noi quinci per paura?3 – 1 Intorn’… narrando: Intorno ad una fonte, in un praticello (pratello) pieno di verdi erbe e di bei fiori, erano sedute (sedean) tre fanciulle aggraziate come angeli (angiolette, diminutivo del femminile “angiola”, è già presente in Dante [G2, 8]), mentre forse narravano i loro amori… Il paesaggio è descritto in modo puntuale e riproduce fedelmente il locus amoenus del prato pieno di erbe e fiori colorati, allietato da una fonte e rinfrescato da una dolce brezza. 2 ed a ciascuna… venticello: ed a ognuna <di loro> un verde rametto, che cingeva i capelli <color> d’oro, adombrava il bel volto (’l bello viso è complemento oggetto, preposto per iperbato al verbo che lo regge ed al soggetto), fuori e dentro al quale <rametto> un dolce (soave) venticello avvolgeva insieme i due (dua) bei (vaghi) colori. Un ramoscello verde fa ombra al viso e funge anche da ghirlanda per i capelli biondi; il vento, intrecciando i capelli nel ramoscello, finisce per fondere tra loro il colore verde e il biondo dorato. C’è l’eco di Petrarca per il quale l’aria intrecciava i capelli in mille dolci nodi («capei d’or», è una evidente citazione del Canzoniere [H35]); ma è presente anche un richiamo a Virgilio, il quale descrive in modo simile Venere che appare nella selva ad Enea (Eneide, I, vv. 319 - 320). 3 E dopo… paura: E dopo un po’ (alquanto) una disse alle altre due (come io ebbi modo di udire): «Dunque (Deh, interiezione tipica del toscano), se per caso l’amante di ognuna <di noi> giungesse qui, noi fuggiremo da qui (quinci) per paura?». 4 A cui… ventura: A questa (A cui, lett. Alla quale) le <altre> due risposero: «Chi fuggisse, sarebbe poco saggia (savia), avendo una tale fortuna (con tal ventura)!». Livello metrico Sonetto con rime incrociate nelle quartine ed alternate nelle terzine, secondo lo schema ABBA, ABBA; CDC, DCD. L’enjambement ai vv. 4-5 rafforza il legame tra quartine e terzine, conferendo un carattere unitario al testo; un punto fermo (alla fine della seconda quartina) divide il sonetto in due parti ben distinte. Livello lessicale, sintattico, stilistico Il sonetto presenta una struttura narrativa, articolata in due blocchi: il primo, quello delle quartine, descrittivo; il secondo, quello delle terzine, dialogico. Nel primo si rappresenta il locus amoenus; nel secondo è riferito il dialogo delle ragazze. Da un punto di vista sintattico, le quartine sono occupate da un unico ampio periodo ipotattico. Nelle terzine la sintassi è più mossa: una proposizione parentetica avverte il lettore della presenza del poeta-testimone; segue un dialogo di tono quotidiano, sia per i temi trattati sia per la forma diretta in essi cui sono presentati (proposizione interrogativa diretta a cui si risponde con una esclamativa). Il lessico evoca un paesaggio leggiadro, fatto di fonti, erbe, rami, fiori e delicati refoli di vento. Gli aggettivi che qualificano le fanciulle obbediscono ai moduli tipici della poesia del Duecento e di quella petrarchesca: essi non designano una realtà concreta, ma un’atmosfera astratta e quasi rarefatta («bello viso», vv. 4-5; «vaghi colori», v. 7; «suave venticello», v. 8). Qualche termine sembra rinviare ai canoni dello Stilnovo («angiolette», v. 3), ma l’uso del diminutivo gli conferisce una sottile malizia sconosciuta agli stilnovisti. Proprio quest’uso dei diminutivi («pratello», v. 1; «erbette», v. 2; «ramicello», v. 5; «venticello», v. 8), assai frequente nelle quartine, avvicina il testo al genere della pastorella, deputato alla descrizione di amori passionali e spensierati, di cui troviamo esempio in Cavalcanti [E12]. Livello tematico Come già detto, il sonetto è divisibile in due blocchi tematici ben definiti: la descrizione del paesaggio, nelle quartine, e il dialogo delle fanciulle nelle terzine. Le quartine e il miracolo convenzionale A prima vista i vv. 1-8 lascerebbero pensare a una ripresa tradizionale del topos letterario del locus amoenus, del giardino fiorito in cui potevano comparire divinità come Venere, o figure di straordinaria bellezza come la Laura di Petrarca: in un giardino verde, pieno di fiori ed erbe profumate, sedute intorno ad una fonte e ritemprate da un dolce venticello, stanno tre donne, dall’apparenza angelica. Questa descrizione crea l’attesa per l’evento straordinario che, convenzionalmente, dovrebbe essere rappresentato nelle terzine successive; il fatto che le donne siano designate come «angiolette» e siano in numero di tre sembra inoltre richiamare in modo esplicito i temi ed i simboli dello Stilnovo. Le terzine e l’inattesa quotidianità Ma le donne-angelo non provocano nessuno degli effetti miracolosi cui la tradizione letteraria italiana ha abituato i lettori. In Boccaccio invece le tre fanciulle ci riportano, con un breve dialogo cui assiste direttamente il poeta, ad una dimensione quotidiana e concreta. La ragazza più ingenua, infatti, chiede se sia il caso di fuggire qualora giungessero inaspettatamente gli innamorati. Le due più esperte affermano che chi voglia agire da «savia» dovrà accogliere i ragazzi con gioia e spensieratezza. Un punto di vista femminile Nella cornice idillica delle quartine, la donna-angelo stilnovistica si trasforma dunque in un essere meno etereo ma assai più concreto: le «angiolette», in realtà, si rivelano simili a sensuali pastorelle pronte al malizioso dialogo con i loro seduttori. Ma la seduzione degli ipotetici tre amanti è osservata questa volta dal punto di vista delle donne (il poeta ne rimane estraneo e si limita a fare da testimone). E ciò consente alla sensualità delle pastorella di assumere significato diverso da quello della tradizione: il sonetto non serba infatti traccia della disparità sociale tra l’amante di sesso maschile e l’umile fanciulla codificata dal genere provenzale1. Nelle Rime, dunque, ed in particolare in questo sonetto introduttivo, affiora la nuova etica descritta dal Boccaccio, terrena e laica, che sarà dominante nel Decameron; e affiora la nuova caratterizzazione della donna come soggetto dell’amore, e non come semplice oggetto di una passione più o meno spiritualizzata. 1 Andrea Cappellano aveva teorizzato che quegli stessi cavalieri i quali, all’interno della concezione dell’amor cortese, stavano al servizio delle dame senza speranze di successo amoroso, potessero liberamente esercitare una modica coactio per costringere le contadine all’atto sessuale [A17]. |
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