I38
Giovanni Boccaccio
Griselda
Decameron X, 10

[Decameron, Giornata X, novella 10] Il marchese di Sanluzzo da’ prieghi de’ suoi uomini costretto di pigliar moglie, per prenderla a suo modo piglia una figliuola d’un villano, della quale ha due figliuoli, li quali le fa veduto d’ucidergli; poi, mostrando lei essergli rincresciuta e avere altra moglie presa a casa faccendosi ritornare la propria figliuola come se sua moglie fosse, lei avendo in camiscia cacciata e a ogni cosa trovandola paziente, più cara che mai in casa tornatalasi, i suoi figliuoli grandi le mostra e come marchesana l’onora e fa onorare.
1. Finita la lunga novella del re, molto a tutti nel sembiante piaciuta, Dioneo ridendo disse: – Il buono uomo, che aspettava la seguente notte di fare abbassare la coda ritta della fantasima, avrebbe dati men di due denari di tutte le lode che voi date a messer Torello –; e appresso, sappiendo che a lui solo restava il dire, incominciò:
2. – Mansuete mie donne, per quel che mi paia, questo dì d’oggi è stato dato a re e a soldani e a così fatta gente: e per ciò, acciò che io troppo da voi non mi scosti, vo’ ragionar d’un marchese, non cosa magnifica ma una matta bestialità, come che ben ne gli seguisse alla fine; la quale io non consiglio alcun che segua, per ciò che gran peccato fu che a costui ben n’avenisse.
3. Già è gran tempo, fu tra’ marchesi di Sanluzzo il maggior della casa un giovane chiamato Gualtieri, il quale, essendo senza moglie e senza figliuoli, in niuna altra cosa il suo tempo spendeva che in uccellare e in cacciare, né di prender moglie né d’aver figliuoli alcun pensiero avea; di che egli era da reputar molto savio. La qual cosa a’ suoi uomini non piaccendo, più volte il pregaron che moglie prendesse, acciò che egli senza erede né essi senza signor rimanessero, offerendosi di trovargliel tale e di sì fatto padre e madre discesa, che buona speranza se ne potrebbe avere e esso contentarsene molto.
4. A’ quali Gualtieri rispose: “Amici miei, voi mi strignete a quello che io del tutto aveva disposto di non far mai, considerando quanto grave cosa sia a poter trovare chi co’ suoi costumi ben si convenga e quanto del contrario sia grande la copia, e come dura vita sia quella di colui che a donna non bene a sé conveniente s’abbatte. E il dire che voi vi crediate a’ costumi de’ padri e delle madri le figliuole conoscere, donde argomentate di darlami tal che mi piacerà, è una sciocchezza, con ciò sia cosa che io non sappia dove i padri possiate conoscere né come i segreti delle madri di quelle: quantunque, pur cognoscendogli, sieno spesse volte le figliuole a’ padri e alle madri dissimili. Ma poi che pure in queste catene vi piace d’annodarmi, e io voglio esser contento; e acciò che io non abbia da dolermi d’altrui che di me, se mal venisse fatto, io stesso ne voglio essere il trovatore, affermandovi che, cui che io mi tolga, se da voi non fia come donna onorata, voi proverete con gran vostro danno quanto grave mi sia l’aver contra mia voglia presa mogliere a’ vostri prieghi.” I valenti uomini risposon ch’eran contenti, sol che esso si recasse a prender moglie.
5. Erano a Gualtieri buona pezza piaciuti i costumi d’una povera giovinetta che d’una villa vicina a casa sua era, e parendogli bella assai estimò che con costei dovesse potere aver vita assai consolata. E per ciò, senza più avanti cercare, costei propose di volere sposare: e fattosi il padre chiamare, con lui, che poverissimo era, si convenne di torla per moglie.
6. Fatto questo, fece Gualtieri tutti i suoi amici della contrada adunare e disse loro: “Amici miei, egli v’è piaciuto e piace che io mi disponga a tor moglie, e io mi vi son disposto più per compiacere a voi che per disiderio che io di moglie avessi. Voi sapete quello che voi mi prometteste, cioè d’esser contenti e d’onorar come donna qualunque quella fosse che io togliessi; e per ciò venuto è il tempo che io sono per servare a voi la promessa e che io voglio che voi a me la serviate. Io ho trovata una giovane secondo il cuor mio assai presso di qui, la quale io intendo di tor per moglie e di menarlami fra qui e pochi dì a casa; e per ciò pensate come la festa delle nozze sia bella e come voi onorevolmente ricever la possiate, acciò che io mi possa della vostra promession chiamar contento come voi della mia vi potrete chiamare.”
7. I buoni uomini lieti tutti risposero ciò piacer loro e che, fosse chi volesse, essi l’avrebber per donna e onorerebbonla in tutte cose sì come donna; e appresso questo tutti si misero in assetto di far bella e grande e lieta festa, e il simigliante fece Gualtieri. Egli fece preparar le nozze grandissime e belle e invitarvi molti suoi amici e parenti e gran gentili uomini e altri da torno; e oltre a questo fece tagliare e far più robe belle e ricche al dosso d’una giovane la quale della persona gli pareva che la giovinetta la quale avea proposto di sposare; e oltre a questo apparecchiò cinture e anella e una ricca e bella corona e tutto ciò che a novella sposa si richiedea.
8. E venuto il dì che alle nozze predetto avea, Gualtieri in su la mezza terza montò a cavallo, e ciascuno altro che a onorarlo era venuto; e ogni cosa oportuna avendo disposta, disse: “Signori, tempo è d’andare per la novella sposa”; e messosi in via con tutta la compagnia sua, pervennero alla villetta. E giunti a casa del padre della fanciulla e lei trovata che con acqua tornava dalla fonte in gran fretta per andar poi con altre femine a veder venire la sposa di Gualtieri; la quale come Gualtier vide, chiamatala per nome, cioè Griselda, domandò dove il padre fosse; al quale ella vergognosamente rispose: “Signor mio, egli è in casa.”
9. Allora Gualtieri, smontato e comandato a ogni uom che l’aspettasse, solo se n’entrò nella povera casa, dove trovò il padre di lei, che avea nome Giannucole, e dissegli: “Io sono venuto a sposar la Griselda, ma prima da lei voglio sapere alcuna cosa in tua presenza”; e domandolla se ella sempre, togliendola egli per moglie, s’ingegnerebbe di compiacergli e di niuna cosa che egli dicesse o facesse non turbarsi, e se ella sarebbe obediente e simili altre cose assai, delle quali ella a tutte rispose di sì.
10. Allora Gualtieri, presala per mano, la menò fuori e in presenza di tutta la sua compagnia e d’ogn’altra persona la fece spogliare ignuda: e fattisi quegli vestimenti che fatti aveva fare, prestamente la fece vestire e calzare e sopra i suoi capelli, così scarmigliati come erano, le fece mettere una corona; e appresso questo, maravigliandosi ogn’uomo di questa cosa, disse: “Signori, costei è colei la quale io intendo che mia moglie sia, dove ella me voglia per marito”; e poi a lei rivolto, che di se medesima vergognosa e sospesa stava, le disse: “Griselda, vuoimi tu per tuo marito?”
11. A cui ella rispose: “Signor mio, sì.”
12. E egli disse: “E io voglio te per mia moglie”; e in presenza di tutti la sposò; e fattala sopra un pallafren montare, orrevolmente accompagnata a casa la si menò. Quivi furon le nozze belle e grandi e la festa non altramenti che se presa avesse la figliuola del re di Francia.
13. La giovane sposa parve che co’ vestimenti insieme l’animo e’ costumi mutasse. Ella era, come già dicemmo, di persona e di viso bella: e così come bella era, divenne tanto avvenevole, tanto piacevole e tanto costumata, che non figliuola di Giannucole e guardiana di pecore pareva stata ma d’alcun nobile signore, di che ella faceva maravigliare ogn’uom che prima conosciuta l’avea; e oltre a questo era tanto obediente al marito e tanto servente, che egli si teneva il più contento e il più appagato uomo del mondo. E similmente verso i subditi del marito era tanto graziosa e tanto benigna, che niun ve ne era che più che sé non l’amasse e che non l’onorasse di grado, tutti per lo suo bene e per lo suo stato e per lo suo essaltamento pregando, dicendo, dove dir soleano Gualtieri aver fatto come poco savio d’averla per moglie presa, che egli era il più savio e il più avveduto uomo che al mondo fosse, per ciò che niuno altro che egli avrebbe mai potuta conoscere l’alta vertù di costei nascosa sotto i poveri panni e sotto l’abito villesco. E in brieve non solamente nel suo marchesato ma per tutto, anzi che gran tempo fosse passato, seppe ella sì fare, che ella fece ragionare del suo valore e del suo bene adoperare, e in contrario rivolgere, se alcuna cosa detta s’era contro al marito per lei quando sposata l’avea.
14. Ella non fu guari con Gualtieri dimorata che ella ingravidò, e al tempo partorì una fanciulla, di che Gualtieri fece gran festa. Ma poco appresso, entratogli un nuovo pensier nell’animo, cioè di volere con lunga esperienzia e con cose intollerabili provare la pazienzia di lei, e’ primieramente la punse con parole, mostrandosi turbato e dicendo che i suoi uomini pessimamente si contentavano di lei per la sua bassa condizione e spezialmente poi che vedevano che ella portava figliuoli, e della figliuola che nata era tristissimi altro che mormorar non faceano.
15. Le quali parole udendo la donna, senza mutar viso o buon proponimento in alcuno atto, disse: “Signor mio, fa di me quello che tu credi che più tuo onore o consolazion sia, ché io sarò di tutto contenta, sì come colei che conosco che io sono da men di loro e che io non era degna di questo onore al quale tu per tua cortesia mi recasti.” Questa risposta fu molto cara a Gualtieri, conoscendo costei non essere in alcuna superbia levata per onore che egli o altri fatto l’avesse.
16. Poco tempo appresso, avendo con parole generali detto alla moglie che i subditi non potevan patir quella fanciulla di lei nata, informato un suo famigliare, il mandò a lei, il quale con assai dolente viso le disse: “Madonna, se io non voglio morire, a me convien far quello che il mio signor mi comanda. Egli m’ha comandato che io prenda questa vostra figliuola e ch’io...” e non disse più.
17. La donna, udendo le parole e vedendo il viso del famigliare e delle parole dette ricordandosi, comprese che a costui fosse imposto che egli l’uccidesse: per che prestamente presala della culla e basciatala e benedetola, come che gran noia nel cuor sentisse, senza mutar viso in braccio la pose al famigliare e dissegli: “Te’, fa compiutamente quello che il tuo e mio signore t’ha imposto, ma non la lasciar per modo che le bestie e gli uccelli la divorino, salvo se egli nol ti comandasse.” Il famigliare, presa la fanciulla e fatto a Gualtier sentire ciò che detto aveva la donna, maravigliandosi egli della sua constanzia, lui con essa ne mandò a Bologna a una sua parente, pregandola che, senza mai dire cui figliuola si fosse, diligentemente allevasse e costumasse.
18. Sopravenne appresso che la donna da capo ingravidò e al tempo debito partorì un figliuol maschio, il che carissimo fu a Gualtieri; ma non bastandogli quello che fatto avea con maggior puntura trafisse la donna, e con sembiante turbato un dì le disse: “Donna, poscia che tu questo figliuol maschio facesti, per niuna guisa con questi miei viver son potuto, sì duramente si ramaricano che un nepote di Giannucolo dopo me debbia rimaner lor signore: di che io mi dotto, se io non ci vorrò esser cacciato, che non mi convenga fare di quello che io altra volta feci e alla fine lasciar te e prendere un’altra moglie.” La donna con paziente animo l’ascoltò né altro rispose se non: “Signor mio, pensa di contentar te e di sodisfare al piacer tuo e di me non avere pensiere alcuno, per ciò che niuna cosa m’è cara se non quanto io la veggo a te piacere.”
19. Dopo non molti dì Gualtieri, in quella medesima maniera che mandato aveva per la figliuola, mandò per lo figliuolo: e similmente dimostrato d’averlo fatto uccidere, a nutricar nel mandò a Bologna, come la fanciulla aveva mandata; della qual cosa la donna né altro viso né altre parole fece che della fanciulla fatte avesse, di che Gualtieri si maravigliava forte e seco stesso affermava niuna altra femina questo poter fare che ella faceva; e se non fosse che carnalissima de’ figliuoli, mentre gli piacea, la vedea, lei avrebbe creduto ciò fare per più non curarsene, dove come savia lei farlo cognobbe. I subditi suoi, credendo che egli uccidere avesse fatti i figliuoli, il biasimavan forte e reputavanlo crudele uomo e alla donna avevan grandissima compassione. La quale con le donne, le quali con lei de’ figliuoli così morti si condoleano, mai altro non disse se non che quello ne piaceva a lei che a colui che generati gli avea.
20. Ma essendo più anni passati dopo la natività della fanciulla, parendo tempo a Gualtieri di fare l’ultima pruova della sofferenza di costei, con molti de’ suoi disse che per niuna guisa più sofferir poteva d’aver per moglie Griselda e che egli cognosceva che male e giovenilmente aveva fatto quando l’aveva presa, e per ciò a suo potere voleva procacciar col Papa che con lui dispensasse che un’altra donna prender potesse e lasciar Griselda; di che egli da assai buoni uomini fu molto ripreso; a che nulla altro rispose se non che conveniva che così fosse. La donna, sentendo queste cose e parendole dovere sperare di ritornare a casa del padre e forse a guardar le pecore come altra volta aveva fatto e vedere a un’altra donna tener colui al quale ella voleva tutto il suo bene, forte in se medesima si dolea; ma pur, come l’altre ingiurie della fortuna aveva sostenute, così con fermo viso si dispose a questa dover sostenere.
21. Non dopo molto tempo Gualtieri fece venire sue lettere contrafatte da Roma e fece veduto a’ suoi subditi il Papa per quelle aver seco dispensato di poter torre altra moglie e lasciar Griselda; per che, fattalasi venir dinanzi, in presenzia di molti le disse: “Donna, per concession fattami dal Papa io posso altra donna pigliare e lasciar te; e per ciò che i miei passati sono stati gran gentili uomini e signori di queste contrade, dove i tuoi stati son sempre lavoratori, io intendo che tu più mia moglie non sia, ma che tu a casa Giannucolo te ne torni con la dote che tu mi recasti, e io poi un’altra, che trovata n’ho convenevole a me, ce ne menerò.”
22. La donna, udendo queste parole, non senza grandissima fatica, oltre alla natura delle femine, ritenne le lagrime e rispose: “Signor mio, io conobbi sempre la mia bassa condizione alla vostra nobilità in alcun modo non convenirsi, e quello che io stata son con voi da Dio e da voi il riconoscea, né mai, come donatolmi, mio il feci o tenni ma sempre l’ebbi come prestatomi; piacevi di rivolerlo, e a me dee piacere e piace di renderlovi: ecco il vostro anello col quale voi mi sposaste, prendetelo. Comandatemi che io quella dota me ne porti che io ci recai: alla qual cosa fare né a voi pagatore né a me borsa bisognerà né somiere, per ciò che di mente uscito non m’è che ignuda m’aveste; e se voi giudicate onesto che quel corpo nel quale io ho portati i figliuoli da voi generati sia da tutti veduto, io me n’andrò ignuda; ma io vi priego, in premio della mia virginità che io ci recai e non ne la porto, che almeno una sola camiscia sopra la dota mia vi piaccia che io portar ne possa.”
23. Gualtieri, che maggior voglia di piagnere aveva che d’altro, stando pur col viso duro, disse: “E tu una camiscia ne porta.”
24. Quanti dintorno v’erano il pregavano che egli una roba le donasse, ché non fosse veduta colei che sua moglie tredici anni o più era stata di casa sua così poveramente e così vituperosamente uscire, come era uscirne in camiscia; ma invano andarono i prieghi; di che la donna, in camiscia e scalza e senza alcuna cosa in capo, accomandatigli a Dio, gli uscì di casa e al padre se ne tornò con lagrime e con pianto di tutti coloro che la videro. Giannucolo, che creder non avea mai potuto questo esser ver che Gualtieri la figliuola dovesse tener moglie, e ogni dì questo caso aspettando, guardati l’aveva i panni che spogliati s’avea quella mattina che Gualtier la sposò; per che recatigliele e ella rivestitiglisi, a’ piccioli servigi della paterna casa si diede sì come far soleva, con forte animo sostenendo il fiero assalto della nemica fortuna.
25. Come Gualtieri questo ebbe fatto, così fece veduto a’ suoi che presa aveva una figliuola d’uno de’ conti da Panago; e faccendo fare l’apresto grande per le nozze mandò per la Griselda che a lui venisse; alla quale venuta disse: “Io meno questa donna la quale io ho nuovamente tolta e intendo in questa sua prima venuta d’onorarla; e tu sai che io non ho in casa donne che mi sappiano acconciar le camere né fare molte cose che a così fatta festa si richeggiono: e per ciò tu, che meglio che altra persona queste cose di casa sai, metti in ordine quello che da far ci è, e quelle donne fa invitar che ti pare e ricevile come se donna di qui fossi: poi, fatte le nozze, te ne potrai a casa tua tornare.”
26. Come che queste parole fossero tutte coltella al cuor di Griselda, come a colei che non aveva così potuto por giù l’amore che ella gli portava come fatto aveva la buona fortuna, rispose: “Signor mio, io son presta e apparecchiata.” E entratasene co’ suoi pannicelli romagnuoli e grossi in quella casa della qual poco avanti era uscita in camiscia, cominciò a spazzar le camere e ordinarle e a far porre capoletti e pancali per le sale, a fare apprestar la cucina, e a ogni cosa, come se una piccola fanticella della casa fosse, porre le mani, né mai ristette che ella ebbe tutto acconcio e ordinato quanto si conveniva. E appresso questo, fatto da parte di Gualtieri invitar tutte le donne della contrada, cominciò a attender la festa; e venuto il giorno delle nozze, come che i panni avesse poveri indosso, con animo e costume donnesco tutte le donne che a quelle vennero, e con lieto viso, ricevette.
27. Gualtieri, il quale diligentemente aveva i figliuoli fatti allevare in Bologna alla sua parente che maritata era in casa de’ conti da Panago, essendo già la fanciulla d’età di dodici anni la più bella cosa che mai si vedesse (e il fanciullo era di sei), avea mandato a Bologna al parente suo pregandol che gli piacesse di dovere con questa sua figliuola e col figliuolo venire a Sanluzzo e ordinare di menar bella e onorevole compagnia con seco e di dire a tutti che costei per sua mogliere gli menasse, senza manifestare alcuna cosa a alcuno chi ella si fosse altramenti. Il gentile uomo, fatto secondo che il marchese il pregava, entrato in cammino dopo alquanti dì con la fanciulla e col fratello e con nobile compagnia in su l’ora del desinare giunse a Sanluzzo, dove tutti i paesani e molti altri vicini da torno trovò che attendevan questa novella sposa di Gualtieri. La quale dalle donne ricevuta e nella sala dove erano messe le tavole venuta, Griselda, così come era, le si fece lietamente incontro dicendo: “Ben venga la mia donna.” Le donne, che molto avevano, ma invano, pregato Gualtieri che o facesse che la Griselda si stesse in una camera o che egli alcuna delle robe che sue erano state le prestasse, acciò che così non andasse davanti a’ suoi forestieri, furon messe a tavola e cominciate a servire. La fanciulla era guardata da ogn’uomo, e ciascun diceva che Gualtieri aveva fatto buon cambio; ma intra gli altri Griselda la lodava molto, e lei e il suo fratellino.
28. Gualtieri, al qual pareva pienamente aver veduto quantunque disiderava della pazienza della sua donna, veggendo che di niente la novità delle cose la cambiava e essendo certo ciò per mentecattaggine non avvenire, per ciò che savia molto la conoscea, gli parve tempo di doverla trarre dell’amaritudine la quale stimava che ella sotto il forte viso nascosa tenesse; per che, fattalasi venire, in presenzia d’ogn’uomo sorridendo le disse: “Che ti par della nostra sposa?”
29. “Signor mio, ” rispose Griselda “a me ne par molto bene; e se così è savia come ella è bella, che ’l credo, io non dubito punto che voi non dobbiate con lei vivere il più consolato signor del mondo; ma quanto posso vi priego che quelle punture, le quali all’altra, che vostra fu, già deste, non diate a questa, ché appena che io creda che ella le potesse sostenere, sì perché più giovane è e sì ancora perché in dilicatezze è allevata, ove colei in continue fatiche da piccolina era stata.”
30. Gualtieri, veggendo che ella fermamente credeva costei dovere esser sua moglie, né per ciò in alcuna cosa men che ben parlava, la si fece sedere allato e disse: “Griselda, tempo è omai che tu senta frutto della tua lunga pazienzia, e che coloro li quali me hanno reputato crudele e iniquo e bestiale conoscano che ciò che io faceva a antiveduto fine operava, volendoti insegnar d’esser moglie e a loro di saperla tenere, e a me partorire perpetua quiete mentre teco a vivere avessi: il che, quando venni a prender moglie, gran paura ebbi che non m’intervenisse, e per ciò, per prova pigliarne, in quanti modi tu sai ti punsi e trafissi. E però che io mai non mi sono accorto che in parola né in fatto dal mio piacere partita ti sii, parendo a me aver di te quella consolazione che io disiderava, intendo di rendere a te a un’ora ciò che io tra molte ti tolsi e con somma dolcezza le punture ristorare che io ti diedi. E per ciò con lieto animo prendi questa che tu mia sposa credi, e il suo fratello, per tuoi e miei figliuoli: essi sono quegli li quali tu e molti altri lungamente stimato avete che io crudelmente uccider facessi; e io sono il tuo marito, il quale sopra ogni altra cosa t’amo, credendomi poter dar vanto che niuno altro sia che, sì com’io, si possa di sua moglier contentare.”
31. E così detto l’abracciò e basciò: e con lei insieme, la qual d’allegrezza piagnea, levatosi n’andarono là dove la figliuola tutta stupefatta queste cose ascoltando sedea e, abbracciatala teneramente e il fratello altressì, lei e molti altri che quivi erano sgannarono. Le donne lietissime, levate dalle tavole, con Griselda n’andarono in camera e con migliore agurio trattile i suoi pannicelli d’una nobile roba delle sue la rivestirono; e come donna, la quale ella eziandio negli stracci pareva, nella sala la rimenarono. E quivi fattasi co’ figliuoli maravigliosa festa, essendo ogni uomo lietissimo di questa cosa, il sollazzo e ’l festeggiar multiplicarono e in più giorni tirarono; e savissimo reputaron Gualtieri, come che troppo reputassero agre e intollerabili l’esperienze prese della sua donna, e sopra tutti savissima tenner Griselda.
32. Il conte da Panago si tornò dopo alquanti dì a Bologna; e Gualtieri, tolto Giannucolo dal suo lavorio, come suocero il pose in istato, che egli onoratamente e con gran consolazione visse e finì la sua vecchiezza. E egli appresso, maritata altamente la sua figliuola, con Griselda, onorandola sempre quanto più si potea, lungamente e consolato visse.
33. Che si potrà dir qui? se non che anche nelle povere case piovono dal cielo de’ divini spiriti, come nelle reali di quegli che sarien più degni di guardar porci che d’avere sopra uomini signoria. Chi avrebbe, altri che Griselda, potuto col viso non solamente asciutto ma lieto sofferir le rigide e mai più non udite pruove da Gualtier fatte? Al quale non sarebbe forse stato male investito d’essersi abbattuto a una che quando, fuor di casa, l’avesse fuori in camiscia cacciata, s’avesse sì a un altro fatto scuotere il pilliccione che riuscito ne fosse una bella roba. –











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