[Canzoniere, 22] A qualunque animale alberga in terra, se non se alquanti ch’ànno in odio il sole, tempo da travagliare è quanto è ’l giorno; ma poi che ’l ciel accende le sue stelle, qual torna a casa et qual s’anida in selva per aver posa almeno infin a l’alba. Et io, da che comincia la bella alba a scuoter l’ombra intorno de la terra svegliando gli animali in ogni selva, non ò mai triegua di sospir’ col sole; pur quand’io veggio fiammeggiar le stelle vo lagrimando, et disïando il giorno. Quando la sera scaccia il chiaro giorno, et le tenebre nostre altrui fanno alba, miro pensoso le crudeli stelle, che m’ànno facto di sensibil terra; et maledico il dí ch’i’ vidi ’l sole, e che mi fa in vista un huom nudrito in selva. Non credo che pascesse mai per selva sí aspra fera, o di nocte o di giorno, come costei ch’i ’piango a l’ombra e al sole; et non mi stancha primo sonno od alba: ché, bench’i’ sia mortal corpo di terra, lo mi fermo desir vien da le stelle. Prima ch’i’ torni a voi, lucenti stelle, o torni giú ne l’amorosa selva, lassando il corpo che fia trita terra, vedess’io in lei pietà, che ’n un sol giorno può ristorar molt’anni, e ’nanzi l’alba puommi arichir dal tramontar del sole. Con lei foss’io da che si parte il sole, et non ci vedess’altri che le stelle, sol una nocte, et mai non fosse l’alba; et non se transformasse in verde selva per uscirmi di braccia, come il giorno ch’Apollo la seguia qua giú per terra. Ma io sarò sotterra in secca selva e ’l giorno andrà pien di minute stelle prima ch’a sí dolce alba arrivi il sole.
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