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[De vulgari eloquentia, II, cap. 2] 1. Dopo aver provato che non tutti i verseggiatori, ma soltanto i più eccellenti, devono utilizzare il volgare illustre1, è logico2 chiedersi se con esso debbano essere trattati tutti gli argomenti, oppure no […]. 5. Dunque, dato che quello che abbiamo chiamato illustre è il migliore di tutti i volgari, è logico che solo gli argomenti più alti siano degni di essere trattati con esso; e questi, tra gli argomenti da trattare, li chiamiamo degnissimi. 6. Andiamo dunque a caccia3 per vedere quali siano. Per mostrarli con evidenza, bisogna sapere che l’uomo, così come è fornito di un’anima triplice4 – e cioè vegetativa, animale e razionale – si muove su una via triplice. Infatti, in quanto è un essere vegetativo, egli cerca l’utile, e in questo senso è vicino alle piante5; in quanto è animale6, cerca il piacere7, e in questo senso è vicino alle bestie; in quanto è razionale, cerca il bene8, e in questo senso è una creatura unica, o vicina alla natura angelica. È chiaro che, qualunque cosa facciamo, la facciamo in vista di queste tre finalità; e poiché in ognuna di esse ci sono alcune cose più grandi, e altre grandissime9, è chiaro che quelle cose che, ciascuna nel suo ambito10, sono le più grandi, devono essere trattate nel modo più alto, e di conseguenza nel volgare più alto. 7. Ma dobbiamo chiarire quali siano le cose più grandi. E anzitutto, nell’ambito dell’utile: in esso, se osserviamo attentamente l’intenzione di tutti quelli che cercano l’utilità, non troveremo altro che la salute fisica11. In secondo luogo, nell’ambito del piacere: rispetto ad esso, diciamo che è massimamente piacevole ciò che diletta i nostri desideri rivolti verso l’oggetto più prezioso: e cioè l’amore12. In terzo luogo, nell’ambito del bene: in esso, nessuno dubita che la cosa più grande sia la virtù13. Per cui questi tre argomenti, e cioè la salute fisica, l’amore e la virtù, sembrano essere quei più grandi argomenti che soprattutto sono da trattare: e precisamente è da trattare ciò che in ciascuno di essi è più alto, e cioè la prodezza nelle armi, la passione d’amore e la retta volontà14. 8. E solo intorno a questi, se non andiamo errati, riteniamo che abbiano scritto poesia in volgare gli autori illustri, e cioè Bertran de Born15 intorno alle armi, Arnaut Daniel16 intorno all’amore e Giraut de Bornelh17 intorno alla rettitudine; Cino da Pistoia intorno all’amore, e il suo amico intorno alla rettitudine18. […] Non ho trovato finora nessun italiano che abbia trattato in poesia di armi. 1 Dopo aver provato… volgare illustre: l’inizio del capitolo si ricollega al principio del conveniens, enunciato poche pagine prima [G31]. 3 Andiamo dunque a caccia: venemur; si riprende la metafora già ampiamente utilizzata in precedenza [G30]. 4 anima triplice: la distinzione in tre parti dell’anima dell’uomo risale ad Aristotele. Si discuteva, nel Medioevo, se anima vegetativa, sensitiva e razionale dovessero considerarsi tre anime distinte, o tre parti della stessa anima. Dante, nel Purgatorio (XXV, 74-75) si esprimerà in favore di questa seconda tesi, affermando l’unità dell’anima. 5 vicino alle piante: le piante, che sono la forma più bassa di vita, mirano solo alla propria autoconservazione (utile). 6 in quanto è animale: in quanto possiede l’anima sensitiva. 9 in ognuna di esse… altre grandissime: ciascuna delle tre anime, all’interno dell’ambito suo proprio, può desiderare oggetti più o meno elevati. Alla prima gerarchia tra le anime se ne aggiunge dunque una seconda, che opera all’interno dell’insieme degli oggetti che ogni anima può desiderare. 10 ciascuna nel suo ambito: secundum quod talia. 11 la salute fisica: salus; è il grado più alto dell’«utile», oggetto del desiderio dell’anima vegetativa. 12 l’amore: venus; è il grado più alto del «piacere», oggetto del desiderio dell’anima sensitiva, e può comprendere sia l’amore sensuale che un amore spiritualizzato. 13 la virtù: virtus; è il grado più alto del «bene», oggetto del desiderio dell’anima razionale. 14 in ciò… retta volontà: all’interno della «salute», dell’«amore» genericamente inteso e della «virtù» si inserisce dunque un’ulteriore gerarchia (di terzo livello). Gli argomenti più elevati risultano la prodezza nelle armi (armorum probitas, grado più alto della «salute fisica»), la passione d’amore (amoris accensio; il termine amor indica un sentimento più nobile rispetto a venus) e la retta volontà (directio voluntatis). 15 Bertand de Born: poeta provenzale (1140-1215), fu autore di sirventesi che trattavano di guerra e di politica. 16 Arnaut Daniel: poeta d’amore provenzale, maestro del trobar clus, attivo tra il 1180 e il 1210. 17 Giraut de Bornelh: trovatore provenzale vissuto nella seconda metà del Duecento. 18 il suo amico intorno alla rettitudine: «il suo amico», con riferimento a Cino da Pistoia, è perifrasi ricorrente nel De vulgari eloquentia per designare Dante stesso [G30]. Qui si allude alle canzoni di argomento morale composte da Dante, come quelle che dovevano essere commentate nel Convivio. Alla base della trattazione di questo capitolo c’è il principio del conveniens [G31]: il volgare illustre non si addice a tutti i poeti, ma soltanto a quelli che – nell’ambito del genere che praticano – intendono trattare gli argomenti più elevati. Dante individua dunque, tra i temi che possono essere trattati in poesia, una gerarchia ai vertici della quale staranno i temi (e dunque i poeti) degni del volgare illustre. Si tratta in realtà di una gerarchia articolata su tre livelli. In primo luogo, la poesia può essere ispirata da tre diversi desideri dell’anima umana: la ricerca della salute fisica, quella del piacere e quella del bene. È evidente che i tre desideri non stanno sullo stesso piano, ma corrispondono a ciascuna delle tre parti che costituiscono l’anima, ordinate secondo un criterio di nobiltà:
A ognuno di questi desideri dell’anima corrispondono vari possibili temi poetici. Soltanto i temi più eccellenti all’interno di ogni ambito saranno degni di essere trattati in volgare illustre. La gerarchia tra i desideri si articola dunque al suo interno individuando, per ogni appetito dell’anima, l’oggetto più elevato della ricerca (in ordine di nobiltà: la virtù, l’amore e la salute). Una gerarchia di terzo livello distingue infine, all’interno di ciascun oggetto di ricerca, i temi più alti che possono essere trattati in poesia.
L’articolazione interna, evidentemente, non mette in discussione la gerarchia di primo livello, che continua ad assumere un ruolo centrale. Nella parte finale del capitolo, infatti, Dante cita esempi di poesia in lingua d’oc e in lingua italiana. E gli autori più importanti delle due letterature possono essere classificati, in ordine di nobiltà, proprio in obbedienza alla fondamentale gerarchia.
Ancora una volta, dimostrando notevole autocoscienza, Dante colloca se stesso al vertice della letteratura italiana. Per farlo deve privilegiare la poesia di argomento civile e morale (in sostanza le sue canzoni, di alcune delle quali, negli stessi anni in cui scriveva il De vulgari eloquentia, preparava il commento per il Convivio) rispetto a quella amorosa; e certo il giudizio può oggi apparire discutibile. Accanto alla collocazione di Dante ai vertici della poesia italiana, va poi sottolineato un altro elemento: tra quanti hanno trattato temi di minore nobiltà tra quelli degni del volgare illustre (la prodezza nelle armi, collegabile all’anima vegetativa) Dante non indica nessun poeta italiano: è un modo implicito per affermare il maggiore prestigio della nostra tradizione letteraria, la cui esaltazione costituisce uno dei motivi di fondo del De vulgari eloquentia. |
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