SAN FRANCESCO D’ASSISI
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C1 - Cantico di Frate Sole |
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Altissimu1, onnipotente, bon Signore, Tue so’2 le laude3, la gloria e l’honore et onne4 benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano5, et nullu homo ène dignu te mentovare6. Laudato sie, mi’ Signore, cum7 tucte le Tue creature, spetialmente messor8 lo frate9 Sole, lo qual è iorno10, et allumini noi per lui11. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore12: de Te, Altissimo, porta significatione13. Laudato si’, mi Signore, per14 sora15 Luna e le stelle: in celu16 l’ài formate17 clarite18 et pretiose et belle19. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo20, per lo quale a le Tue creature dài sustentamento21. Laudato si’, mi Signore, per sor’Aqua, la quale è multo utile et humile22 et pretiosa et casta23. Laudato si’, mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte24: ed ello è bello et iocundo et robustoso25 et forte26. Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre27 Terra, la quale ne sustenta et governa28, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba29. Laudato si’, mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore30 et sostengo infirmitate et tribulatione31. Beati quelli ke ’l sosterranno in pace32, ka33 da Te, Altissimo, sirano34 incoronati. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a•cquelli ke morrano35 ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà36 ne le Tue sanctissime voluntati37, ka la morte secunda no ’l farrà male38. Laudate39 et benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli40 cum grande humilitate41. |
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1 Altissimu: il vocabolo termina in -u, come molti altri sostantivi e aggettivi; si tratta di una caratteristica del volgare umbro. 2 Tue so’: sono tue, ti appartengono. 3 laude: lodi. Il termine «laude», nella liturgia cattolica, indica propriamente i salmi che si recitano al mattino. 5 se konfano: si confanno, si convengono. 6 et… mentovare: e nessun (nullu) uomo (homo) è (ène, da «è» + «ne», epitesi caratteristica del volgare umbro) degno di nominarti (te mentovare). Il verso presenta varie forme assai vicine al latino («nullus», «homo», «dignus»). Ciò si spiega con i richiami alle Scritture: i Dieci comandamenti («Non nominare il nome di Dio invano») e il liturgico «non sum dignus». Il fatto che Dio rappresenti un mistero ineffabile induce Francesco, nei versi successivi, a lodarlo solo indirettamente attraverso la lode delle creature. 7 cum: con (latinismo); ma potrebbe anche significare come. 8 messor: messere (forma dialettale umbra); equivale al latino dominus. Si potrebbe rendere con signore, ma Francesco riserva quest’ultimo appellativo a Dio. 10 lo qual è iorno: il quale è la luce del giorno. 11 et allumini… lui: e ci illumini per mezzo suo. 12 et radiante…splendore: e i suoi raggi sono molto splendenti. 13 de te… significatione: simboleggia te, o Altissimo. La luce del sole viene generalmente considerata, nel Medioevo, simbolo di Dio. La lode del Sole, come ha osservato Spitzer, ha un triplice aspetto. Il Sole viene lodato secundum hominem (cioè in relazione alla sua utilità per l’uomo: «allumini noi per lui»), secundum se (cioè per le sue qualità intrinseche: «è bellu e radiante cum grande splendore») e secundum Deum (per il suo riferimento simbolico a Dio: «de Te, Altissimo, porta significatione»). 14 per: la preposizione, che da qui in poi compare costantemente in dipendenza del verbo «laudare», potrebbe essere interpretata in diversi modi, che vanno analizzati non per puro gusto filologico, ma per attribuirle un significato coerente con l’ideologia francescana: 1) complemento di causa: si loda il Signore per aver creato la luna e le stelle; 2) complemento d’agente, modellato sul francese par: si invitano le creature a cantare le lodi del Signore come nel Salmo 148, che costituisce il modello scritturale del Cantico; 3) complemento di mezzo: Dio viene lodato attraverso le creature. Quest’ultima interpretazione, avanzata da Pagliaro, ci sembra preferibile, in quanto meglio riflette il gioioso rapporto con il creato che è tipico della spiritualità francescana: il santo rivolge la sua lode direttamente alle creature ma, così facendo, loda indirettamente il Creatore. 18 clarite: luminose. Può essere latinismo (da clarus) o francesismo (da clair). 19 belle: con gli aggettivi «clarite» e «belle» le creature vengono lodate secundum se. Con l’aggettivo «pretiose» esse vengono lodate secundum hominem. 20 et per aere… tempo: per l’aria, per il cielo nuvoloso (nubilo) e per il cielo sereno e per ogni tipo di tempo. «Nubilo» e «sereno» sono sostantivi. 21 per lo quale… sustentamento: attraverso il quale (il «tempo», cioè l’alternarsi delle stagioni e delle condizioni atmosferiche) dai nutrimento (sustentamento) alle Tue creature. Si tratta di una lode secundum hominem. 22 utile et humile: le due parole presentano assonanza; identica è anche l’ultima consonante (l). Con l’aggettivo «utile» l’acqua viene lodata secundum hominem; con «humile» secundum se. L’uso di questi aggettivi indica una particolare ricercatezza formale, ma anche una forte espressività: «utile» etimologicamente deriva dal verbo latino utor, “usare”. L’aggettivo quindi sottolinea la funzione dei doni divini, tra cui l’acqua, rispetto ai bisogni umani.. 23 pretiosa et casta: preziosa e pura. Questa qualità dell’acqua va intesa anche in senso religioso (si pensi alla funzione purificatrice che essa assume nel battesimo). Anche qui si hanno la lode secundum hominem («pretiosa», cioè utile all’uomo) e la lode secundum se («casta»). 24 enallumini la nocte: illumini (dal francese enluminer) la notte. Questo verso fa riferimento alla lode secundum hominem. 25 robustoso: robusto, vigoroso. Il suffisso -oso conferisce espressività all’aggettivo. 26 forte: gli aggettivi di questo verso fanno tutti riferimento alla lode secundum se. 27 matre: secondo la Genesi, dalla Terra l’uomo è stato creato, per mezzo della Terra è nutrito. La Terra quindi, oltre che«sora», è anche «madre». 28 ne… governa: ci nutre e ci mantiene. Lode secundum hominem. 29 et produce… herba: lode secundum se. 30 per lo Tuo amore: in nome del Tuo amore. Con l’introduzione dell’uomo cambia il tono del Cantico e si modifica anche la struttura della lode: non c’è più, come per le altre creature, una lode incondizionata e articolata (secundum se, secundum hominem, secundum Deum); la lode dell’uomo è possibile solo qualora egli perdoni per amor di Dio e sappia sopportare malattie e tribolazione. 31 sostengo infirmitate et tribulatione: sopportano (sostengo, forma verbale umbra di terza persona plurale) malattia e sofferenza. I sostantivi «infirmitate et tribulatione» sono al singolare per sineddoche, ma hanno significato plurale, malattie e sofferenze. 32 ’l sosterranno in pace: sosterranno ciò (’l, pronome neutro riferito a «infirmitate et tribulatione») serenamente (in pace). 36 trovarà: troverà; il soggetto è «sora nostra Morte corporale». 37 ne le tue sanctissime voluntati: mentre stanno rispettando la tua santissima volontà. 38 ka… male: perché (ka) la dannazione eterna (morte secunda) non nuocerà loro (’l); in altre parole, perché non saranno dannati. L’espressione mors secunda è nell’Apocalisse (21, 8) e indica la morte dell’anima, successiva a quella del corpo. 39 Laudate: il verbo è stavolta in forma attiva e all’imperativo. Gli ultimi due versi sono rivolti alla comunità dei fedeli. 40 serviateli: servitelo. È un congiuntivo esortativo, rivolto ai fedeli, modellato sul latino (il verbo servio regge il dativo); ha la stessa funzione degli imperativi «laudate», «benedicete» e «rengratiate». 41 humilitate: umiltà. Indica la disposizione ad accettare tutte le circostanze della vita, comprese quelle negative, ed è uno dei fondamenti della spiritualità francescana. |
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C1 - Analisi del testo |
Livello metrico
Il Cantico è scritto in una prosa ritmica divisa in versetti di diversa misura, che ricalcano il modello dei Salmi. Il testo era fornito di accompagnamento musicale, composto dallo stesso Francesco, oggi perduto. I versetti sono raggruppati in piccoli blocchi facilmente riconoscibili, differenziati dal punto di vista tematico. L’omogeneità di tali blocchi è garantita da ben calcolati artifici formali: siamo di fronte ad un’opera colta e raffinata, non ingenua come si pensava in epoca romantica. Alla fine dei versi è sistematico con pochissime eccezioni il ricorrere dell’assonanza: «Sole» : «splendore» : «significatione» (vv. 6-8-9); «Vento» : «tempo» : «sustentamento» (vv. 12-13-14, ma i vv. 12 e 14 sono tra loro in rima); «acqua» : «casta» (vv. 15-16); «nocte» : «forte» (vv. 18-19); «Terra» : «governa» : «herba» (vv. 20-21-22); «corporale» : «skappare» : «male» (vv. 27-28-31; i vv. 27 e 31 rimano tra loro). In qualche caso al posto dell’assonanza compare la rima («stelle» : «belle», vv. 10-11; «rengratiate» : «humilitate», vv . 32-33). Assonanze e rime, in definitiva, costituiscono l’intelaiatura ritmica del testo, sottolineandone la scansione in blocchi. Fondamentale per tale scansione è poi il ricorrere, all’inizio di ciascuno dei suddetti blocchi ritmico-tematici, della formula «Laudato si’, mi’ Signore», che rimanda all’uso liturgico della litania1. Ulteriori effetti ritmici dovuti alle figure di suono possono essere infine rintracciati all’interno dei versi: si pensi a «Signore» - «honore» (vv. 1-2), che è una sorta di rima al mezzo, o (sempre all’interno del verso) all’assonanza, arricchita dall’identità dell’ultima consonante, tra «utile» e «humile» (v. 16). L’artificio retorico per noi meno visibile, ma che più dimostra l’attenzione di Francesco ai valori formali, è la presenza del cursus, ossia del gioco degli accenti che, secondo le artes dictandi, doveva essere utilizzato dagli scrittori di prosa nella parte conclusiva (clausola) del periodo per avvicinare quest’ultima alla poesia2. Livello lessicale, sintattico, stilistico Sul piano fonetico il testo presenta alcune forme tipiche del volgare umbro: la -u finale alternata alla -o; le forme «iorno» e «messer»; le forme verbali «konfano», «sirano», «sostengo»; l’epitesi nella terza persona singolare del verbo “essere” («ène»); la congiunzione «ka». Non è presente invece l’assimilazione progressiva del gruppo -nd che diviene -nn, fenomeno anch’esso tipico del volgare umbro e molto frequente in Jacopone: troviamo quindi i più regolari «grande», «iocundo», «secunda», segni evidenti della ricerca di una lingua letteraria, di un volgare non popolare ma illustre. Si è osservato che Francesco tiene presente la tradizione dei Salmi e più in generale la Bibbia, dal momento che nel testo sono rintracciabili alcuni richiami che apparivano immediatamente riconoscibili ai fedeli dell’epoca. La presenza di questi modelli spiega la semplicità sintattica del testo: la struttura è lineare, con prevalenza della paratassi e un’ipotassi che non si spinge oltre il primo grado di subordinazione. Consistente è la presenza di proposizioni relative; più rare le causali. Sempre al modello biblico si deve la presenza di numerosi latinismi. Innovativo è invece l’uso degli aggettivi, accumulati in gruppi (da due a quattro elementi), sovente collegati mediante il polisindeto. Del tutto sganciato dai modelli poi è l’uso delle apposizioni metaforiche «frate» e «sora», riferiti alle creature, che conferiscono al Cantico un tono «gioioso e rasserenato» (Luperini). Livello tematico Il riferimento ai modelli biblici, che si sono più volte richiamati, è essenziale anche ai fini di una interpretazione complessiva del componimento. Francesco ha presente soprattutto il Salmo 148, ma le differenze rispetto al modello sono estremamente significative. Il modello scritturale Alleluia.
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1 La litania è l’invocazione rituale che, durante la celebrazione della messa, il sacerdote rivolge a Dio, alla Madonna o ai santi. Il celebrante recita brevi frasi, a ciascuna delle quali i fedeli rispondono coralmente con una formula (ad es. «prega per noi»). 2 Nella metrica classica la clausola era la chiusura ritmica di una frase o di un suo membro; le clausulae erano formate dalla combinazione dai piedi tradizionali (spondeo, trocheo, dattilo ecc.). «Nella tarda latinità, perduto il senso quantitativo delle sillabe, dalla clausola si passò al cursus, cioè alla collocazione ritmica delle due ultime parole di una frase. Si distinguono quattro tipi di cursus medievale: a) il cursus planus: esempi di Dante: cogitatióne metíri; siámo suggétti; b) il cursus velox: esempi di Dante: consília respondémus; desíderan(o) di sapére; c) il cursus tardus: esempi di Dante: prodésse tentábimus; párte dell’ánima; d) il cursus trispondaicus; es.: ésse videátur (peone + trocheo)» (Angelo Marchese, Dizionario di retorica e stilistica, Milano, Mondadori, 1978). Per fare alcuni esempi, nel testo di Francesco le clausole «grànde splendóre» di v. 8 e «lun(a) e le stelle» di v. 10 sono modellate sul cursus planus; le clausole «onne benedictione» di v. 2 e «Altìssimo, se konfàno» di v. 3 sono modellate sul cursus velox; sul cursus trispondaicus è invece modellata la clausola «Signór(e) et rengratiáte» di v. 32. 3 La sacra Bibbia, Cei, Roma, 1974. Un altro modello è costituito da Daniele, III, 52-90; qui si racconta di tre giovani che, circondati dalle fiamme di una fornace, cantano le lodi di Dio e invitano le creature a unirsi alla lode. Il canto prolungato li protegge miracolosamente dalle fiamme; i tre giovani variano e ampliano il tema del Salmo 148, fino a ottenere il riconoscimento del miracolo e la liberazione dal fuoco. 4 Leo Spitzer, “Nuove considerazioni sul Cantico di Frate Sole” in Convivium, 1955, n. 3. 5 È proprio ciò che accade in da Daniele, III, 52-90. 6 Mario Casella, “Il Cantico delle Creature, testo critico e fondamenti di pensiero”, in Studi medievali, nuova serie, 7 Secondo una tradizione antica, ma non provata, i versi 23 e segg., che vertono sul tema del perdono, sarebbero stati composti in occasione di una lite tra il podestà ed il vescovo di Assisi, che il Santo cercò di conciliare. La prima parte del cantico, che evocherebbe nostalgicamente la bellezza del paesaggio umbro, risalirebbe invece alla malattia agli occhi di Francesco. I versi che si riferiscono alla morte sarebbero invece stati composti in una fase aggravata della sua malattia, durante il soggiorno sul monte Averna. 8 Cfr. Giovanni Pozzi, “Il Cantico di Frate Sole di San Francesco” in Letteratura Italiana Einaudi. Le Opere, vol. I, a cura di Alberto Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1992. |